Nel cuore della guerra

Cosa significa davvero “ritornare”? Come si torna a casa quando quella casa non esiste più? Quando la città che conoscevi è stata distrutta, trasformata in polvere, e i volti che un tempo riempivano le strade sono ora solo ombre di un passato lontano? In molti casi, il ritorno non è mai un ritorno, eppure l’idea di tornare è qualcosa che non smette mai di tormentare chi è stato costretto ad allontanarsi.

Nel cuore della guerra, nel cuore dell’esilio, ci sono sempre coloro che cercano di tornare, ma chi sono realmente? Cosa trovano? Cosa resta di un luogo che è stato cancellato dalla violenza e dal dolore? Le città, le case, le strade non sono più quelle che erano. Non ci sono più le voci di una volta, non ci sono più i volti. E le persone, che fine hanno fatto? Forse sono morte, forse sono scappate, forse non si sono mai più fatte sentire. O forse, come le città, sono diventate qualcosa di irriconoscibile.

‘Sono tornato, ma non trovo più il volto che avevo un tempo.
Il mio paese è cambiato, e io con esso.
Tutti i sogni che avevo sono diventati ombre,
ma il viaggio continua, e con esso la speranza.’

Non c’è più quel posto che si chiamava casa. La casa è diventata cenere, o forse è dentro di loro, e si sgretola ogni volta che cercano di toccarla. Le persone, i legami, i volti: dissolti in un silenzio che pesa. E, passo dopo passo, ci si accorge che tra il passato e il presente c’è una distanza che non si misura in chilometri, ma in silenzi, in assenze.

‘Non sono lontano da te,
ma il mio cuore è lontano.
Voglio tornare, ma non so come,
la distanza tra noi è invisibile,
eppure è più lunga di qualsiasi viaggio. ‘

La guerra non distrugge solo le città.
Distrugge le connessioni. Gli amici, i vicini, le voci che animavano quei giorni quotidiani. Rimane solo un’eco di ciò che era. Eppure, c’è chi sopravvive, chi resiste. Ma non si sa chi è rimasto, chi è ancora lì, chi ha avuto la forza e la Fortuna di sopravvivere.

‘Sono tornato, ma non avevo più un posto da chiamare casa.
La terra che cammino ora è piena di ricordi,
eppure la mia voce si alza dal silenzio.
Sono un rifugiato, ma sono anche il seme di una nuova speranza.’

Ma nonostante tutto, nonostante le macerie e il dolore che il tempo ha lasciato, c’è qualcosa che non muore mai. Una scintilla che non si spegne, neanche nelle notti più nere. La speranza, sebbene fragile, non abbandona mai completamente chi ha perso tutto. Avere il coraggio di alzarsi dal letto tutte le mattine, camminare su strade diverse, cercare di ricominciare, è un atto di resistenza.

‘Non so dove sono,
non so chi sono,
ma sono ancora qui.
E in qualche modo,
la mia voce si alza
da questo silenzio.’

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